lunedì 31 ottobre 2011

La favola della rivoluzione


Era un giorno come un altro. Il sole brillava spavaldo, gli uomini si dibattevano freneticamente su un sasso sperduto nel vuoto chiamato Terra e nessuno poteva immaginare che quel giorno sarebbe iniziata la rivoluzione. La crisi aveva ormai distrutto l'economia mondiale, banchieri e imprenditori avevano giocato col fuoco scatenando forze rabbiose, cieche, distruttrici.
I piccioni non tolleravano più questa situazione. Imborghesiti da secoli di benessere dovuto agli ampi, ricchi e gustosi avanzi dell'uomo, ora subivano la crisi più di qualunque altro essere vivente.
Erano finiti i tempi delle pantagrueliche orge mangiarecce nei cassonetti dell'abbondanza.
La fame e la rabbia camminano a braccetto e così quella mattina se qualcuno avesse potuto tradurre il tubare dello stormo di piccioni in assemblea sulla statua di Garibaldi, avrebbe sentito urla inneggianti alla rivoluzione, i piccioni erano decisi, a pagare il prezzo della crisi sarebbero stati gli avidi umani.
Fu così che un'umanità ormai stanca e logora si ritrovò ricoperta di merda.
Infrastrutture, eserciti, media, ospedali, tribunali, parlamenti, banche, fabbriche, scuole e tutto il consorzio umano si ritrovò distrutto da una marea di cacca bianca e appiccicosa.
I piccioni divennero i padroni del mondo e dall'alto della loro bontà permisero agli umani di nutrirsi degli scarti della loro società.

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